Questo è uno degli argomenti più difficili da trattare per il nostro settore. Alla maggior parte della gente sembra che sia solo una questione soggettiva fino a che non si sfoderano i loghi famosi e si dice: “e allora mi vorresti dire che il logo della Apple, che a te non piace, è fatto male? Non funziona?”. Se ci si riflette bene e ci si estranea dal fatto che ormai la Apple è un’azienda affermata, non si assocerebbe mai una mela ad un’azienda che fa computer (ce lo insegna anche il capolavoro “Forrest Gump” –cit.). Ma oggi nessuno penso possa mettere in dubbio che il logo dell’Apple è uno dei migliori, piaccia o non piaccia. Quindi abbiamo sviscerato il concetto che non si tratta di soggettività, giusto? Allora cosa? Si potrebbe affermare che, nel caso di Apple, abbia premiato proprio la sorpresa, l’insolito, l’inusuale, d’altronde il loro slogan era “think different”. Tuttavia andare contro corrente non è una regola fondamentale per realizzare un logo di successo, lo dimostra il fatto che McDonald’s ha optato per una semplice, si fa per dire, M composta da 2 collinette dorate, cioè la loro iniziale (tecnicamente monogramma)
In questo articolo facciamo di tutta l’erba un fascio, va detto, cioè chiamiamo logo quello che in alcuni casi è un marchio. Lo facciamo principalmente per semplificare al lettore (TU) e poi perché “logo” è più cercato di “marchio” su Google e quindi è più facile che questo articolo esca tra i primi risultati. Se non sai la differenza tra un logo e un marchio leggi questo nostro articolo >
Ci siamo interrogati tante volte su come possa fare un poveruomo che riveste il ruolo di cliente ad avere delle informazioni oggettive per valutare l’operato dei creativi ingaggiati. Essendo creativi ci siamo chiesti anche come possano fare i creativi a dare argomentazioni solide per rafforzare le proprie scelte.
Ci siamo scervellati per anni a trovare una definizione oggettiva e inattacabile che descriva un logo fatto bene e in questo articolo speriamo di esserci riusciti.
Pochi anni fa trovammo una citazione, riportata qui sotto, che ci sembrava fare al caso nostro, ma quando eravamo pronti a gridare “Eureka” uno dei nostri clienti smontò la tesi riportando il problema di nuovo alla nostra attenzione.
La Bellezza è la Somma di Tutte le Parti Messe Insieme in Maniera Tale che Non è Necessario Aggiungere, né Togliere Niente, né Alterare.
un Artista Italiano che si chiamava Alberti
Cosa ci trovava di sbagliato il nostro cliente in questa definizione? Ci disse: “chi stabilisce a che punto non è necessario aggiungere, togliere o modificare qualcosa perché si è raggiunto l’obiettivo?” E noi basiti ripiombammo subito nel nostro dubbio ancestrale. Dal punto di vista del cliente è naturale pensare che sia lui a dover decidere quando il logo lo soddisfa e se lo ritiene adatto al suo pubblico. Il cliente rischia il suo capitale in ogni scelta che affronta e il logo è una di quelle che segna di più un azienda. Dall’altro lato ci sono i creativi/designer che pensano di esser loro a dover decidere cosa va bene, perché il cliente gli ha dato fiducia dal momento che gli ha affidato il lavoro e ha ritenuto che le loro capacità fossero all’altezza. Chi ha ragione? Nella nostra esperienza siamo sempre riusciti a trovare compromessi, la stragrande maggioranza dei nostri clienti ci ha ascoltati e ha usato il buon senso per raggiungere INSIEME l’obiettivo. Ma se non si ha la nostra fortuna cosa si fa? Come si stabiliscono dei parametri per valutare se un logo è fatto bene o no, al di là del gusto personale? Non andrebbe tenuto in conto il gusto personale nella valutazione di un logo o di un design in generale perché la grafica non è arte. La grafica è creatività al servizio di un’obiettivo, non creatività allo stato brado. L’artista fa quello che gli passa per la testa e se piace viene acquistato. Il designer fa quello che gli viene chiesto per raggiungere un’obiettivo che, solitamente, implica la vendita di qualcosa. Il modo in cui lo fa è quello che ritiene opportuno secondo le sue capacità creative ma, soprattutto, secondo gli studi che ha conseguito e applicando regole provenienti da tutte le materie parti della comunicazione (psicologia, teoria dei colori, studio dei font, etc.).
Tanto per chiarire ulteriormente il concetto, per noi chiunque è libero di dire che non gli piace come gioca Cristiano Ronaldo ma solo un terrapiattista si sognerebbe di dire che non è un ottimo giocatore. Lo stile di CR7 può non piacere a qualcuno, che magari preferisce lo stile di Messi o di Maradona, ma è oggettivo che sia un ottimo giocatore. Perché è oggettivo? Quali sono i fattori su cui non si può controbattere? Facile! Come attaccante il suo compito è di segnare goal e il numero di goal che segna ogni anno e in ogni competizione è da record. Ha vinto molti dei titoli più importanti del calcio, con tutte le squadre in cui ha militato. E in ultima analisi ha vinto X palloni d’oro, per chi non fosse amante del calcio è il premio più importante assegnato ad un singolo giocatore, in pratica è come l’oscar. Certo che, se c’è chi sostiene ai giorni nostri che la terra è piatta, tutto è opinabile ma ci auguriamo di continuare a lavorare con clienti che credono che la terra è sferica e che la coscienza collettiva sia un’utilità e non cospirazione.
I 5 elementi di un logo fatto bene
Andiamo al dunque? Quali sono i parametri secondo noi inattaccabili?
1. Distinguibile
Per capire quanto questo fattore è importante basta pensare che l’ufficio di registrazione marchi e brevetti fonda l’ammissione di un richiesta in base a questo parametro. Un marchio simile ad un altro, della stessa categoria merceologica, NON può esser registrato… dovrebbe far riflettere no?
2. Semplice
Fa quasi ridere che la definizione di “semplice” sia quella più complessa da elaborare. Questo fattore è più che altro pratico-economico. La semplicità consente di non avere problemi o costi maggiori in alcune tecniche di stampa e personalizzazione. Un logo deve durare il più possibile, anche se potrà subire dei restyling nel tempo per adattarsi ai trend del momento. Se l’azienda stampa o riproduce il logo su centinaia di declinazioni (biglietti da visita, sito web, divise, pagine pubblicitarie su riviste, etc.) risulterà molto costoso doverlo sostituire. Sarà costoso sia in termini economici perché molti dei supporti già realizzati dovranno esser pagati di nuovo e sia in termini di immagine, si dovrà ripartire da zero con lo sforzo per far conoscere e memorizzare il nuovo logo. Detto ciò, hai capito perché andrebbe evitato di cambiare logo ad un certo punto della vita di un’azienda? Hai capito che vale la famosa frase “ti chiedi quanto costa un professionista mentre dovresti chiederti quanto ti costa un dilettante”. Nel pensare al budget da dedicare alla realizzazione del logo aziendale si DEVE tenere in considerazione non tanto quanto costa farlo ma quanto costerebbe doverlo rifare.
Inoltre la semplicità aiuta a renderlo più facilmente ricordabile/memorizzabile, da parte del pubblico. Attenzione però perché la semplicità è un’arma a doppio taglio: troppo semplice può sembrare banale o privo di identità; troppo complesso può sembrare che maschera la mancanza di sostanza o la voglia di strafare. Come in ogni cosa l’equilibrio è fondamentale ma anche molto difficile da raggiungere.
Alcuni loghi complessi, ma di successo, sono stati fatti nella storia, uno che posso ricordare facilmente da bravo nerd è la prima versione di quello Sony Ericsson.

Aveva sfumature e ombre che per i designer (quelli bravi intendo, quelli che hanno studiato) sono totalmente da evitare. Allora perché Sony, che non è propria un’azienda improvvisata, accettò quel genere di logo? Perché potevano permettersi di “fregarsene” delle motivazioni spiegate in questo punto. Quando dico “potevano fregarsene” intendo a livello economico soprattutto. Per esempio la sfera verde e grigia, con le sue mille sfumature, sarebbe quasi impossibile da ricamare, o comunque a costi molto alti. Con le normali tecniche di ricamo computerizzato si usano filamenti monocromatici e quindi le sfumature non sono riproducibili.
Cosa significa semplice?
Pochi colori
Composto da un massimo di 4 colori, 2 è ancora meglio e, se i colori distinti hanno un significato importante non vanno sovrapposti ma va lasciato un margine tra loro perché nel caso di una stampa monocromatica non si distinguerebbe dove termina uno e inizia l’altro.
L’ultima versione dell’icona di Google è composta da 4 colori attaccati fra loro, che nella versione monocromatica infatti, perdono la connotazione iniziale. Mentre i 4 quadrati del logo di Microsoft, che simboleggiano il loro prodotto di punta Windows, sono separati da un piccolo margine perché nella versione monocromatica è fondamentale che si continui a distinguere la forma di ognuno dei 4.

Forme basiche
Realizzato con pochi tratti o basato sull’elaborazione e la mescolanza di forme geometriche base (cerchio, triangolo, quadrato, etc.) perché lo rende più leggibile in tutte le situazioni. A tal proposito basta guardare alcuni esempi di progettazione di un logo, come questo qui sotto:

No tratti troppo fini
I tratti non dovrebbero mai essere troppo fini perché in riproduzioni molto piccole perdono leggibilità o ancor peggio non è possibile riprodurli con alcune tecniche di stampa o personalizzazione. Per esempio se si vuole ricamare il logo aziendale sulle polo (servizio che noi facciamo) si deve tenere bene a mente questo aspetto, tratti troppo fini si arricciano se ricamati in piccole dimensioni. Noi abbiamo iniziato come studio di grafica ma negli ultimi anni abbiamo intrapreso anche il mestiere della stampa e della personalizzazione e da quando abbiamo fatto questa ultima evoluzione abbiamo capito molte delle problematiche di produzione che prima ci sembravano solo nebbia. Se vuoi approfondire l’argomento leggi questo nostro articolo che parla di tutte le maggiori tecniche di stampa e personalizzazione.
No sfumature, ombre o effetti
Nessuna sfumatura, ombra o altro tipo di “effetto”. Il motivo principale è sempre la riproducibilità su tutti i formati ma non è da sottovalutare l’aspetto di comunicazione cioè, i loghi piatti e “puliti” sono più facilmente e velocemente comprensibili ai nostri occhi. A riguardo si può dire che ultimamente tutte le grandi aziende stanno facendo restyling dei propri loghi trasformandoli in quello che viene chiamato stile “flat” cioè piatto. Tra i più recenti c’è il caso Audi.

Sicuramente anche nella grafica ci sono dei trend, delle mode, ma alcune sono destinate a diventare pilastri o almeno ad essere più durature di altre. I trend del design dei loghi è passato da “piatto” nei primi anni della grafica a “3D” nell’epoca dei primi smartphone a, di nuovo, “piatto” negli ultimi anni. Perché questi cicli? Le ragioni vengono spiegate benissimo in questo video (in inglese) molto interessante. Anche in questo video però viene detto che Coca-Cola non si è mai fatta influenzare da queste tendenze, secondo noi perché è un logo estemporaneo, fuori da ogni schema ma adatto a ogni tempo e non ha bisogno di seguire le mode.
Leggibile
Ammettiamolo, a volte noi creativi prendiamo sotto gamba questo punto. Spostiamo l’asticella delle nostre inclinazioni nella direzione dell’arte e per amore nella nostra creazione non ci domandiamo se il risultato sia abbastanza leggibile. Cosa significa leggibile non andrebbe nemmeno spiegato ma se qualcuno ha dubbi su come verificare la leggibilità è sufficiente far vedere le proposte realizzate al maggior numero di persone possibile e chiedere: “cosa ci leggi?”. Ovviamente, a meno che il designer non usa font completamenti astratti, il risultato è sempre leggibile… mi auguro che nessuno usi caratteri cirillici per fare un logo destinato al mercato italiano per esempio… ma il testo da fare è quanto velocemente il pubblico riesce a leggere quello che c’è scritto nel logo o quanto velocemente capisca il significato della rappresentazione grafica contenuta in esso. Vuoi un numero? Se ci vogliono più di 3 secondi è grave!
Bianco e Nero
Una regola semplice semplice da tenere a mente è che un logo fatto bene deve funzionare anche in bianco e nero, o in versione monocromatica. Se funziona anche in bianco e nero vuol dire che è semplice, leggibile ed efficace.
3. Coerente
Il logo deve esprimere i valori dell’azienda che rappresenta (simpatia, serietà, professionalità, etc.) e per farlo, quindi, deve avere un mix di tutto quello che abbiamo scritto in questo articolo che sfocia in uno stile in armonia col resto dell’immagine dell’azienda. Qualche esempio? Google esprime gioia e spensieratezza coi suoi colori vivaci e le forme quasi infantili, non a caso i loro uffici sono famosi per avere intrattenimenti come i parchi giochi. Il marchio di Rolex esprime eleganza e prestigio. Il marchio Nike dinamismo, movimento, etc.
Quando valuti le proposte che ti vengono fatte per il tuo logo o marchio tieni a mente questo punto e chiediti: “trasmette i nostri valori?”.
I colori e le forme utilizzate giocano un ruolo fondamentale in questo punto, talmente importante che per parlarne abbiamo scritto un articolo a se stante, leggilo qui se vuoi approfondire.
4. Espressivo
Questo punto, probabilmente, è il meno oggettivo o perlomeno quello meno facilmente dimostrabile. Si potrebbe dire che se rispetta tutti i punti sopra elencati ma non emoziona, non trasmette nessun messaggio, allora non è espressivo. Ma le emozioni sono sono soggettive e cambiano in base alla cultura di chi osserva. Allora? Come misurare l’espressività? Alcuni loghi contengono segni grafici che rappresentano qualcosa (che a tutti gli effetti hanno un altro nome: marchi, leggi questo articolo per capire meglio), di solito il settore a cui appartiene l’azienda committente o il prodotto/servizio che vende. Un esempio nostrano è il logo che abbiamo realizzato per il ristorante di cucina africana “Sahara” qui sotto. Il cliente ci ha chiesto di rappresentare in qualche modo l’Africa e la nostra scelta è ricaduta sul deserto, visto il nome, dopo aver vagliato anche segni che rappresentassero Graffe, Elefanti e molte altre peculiarità dell’Africa (vedi il lavoro su Instagram). Se guardando il logo qui sotto non si percepirebbe o cosa c’è scritto, cioè Sahara, o il profilo delle dune di sabbia allora non si potrebbe definire come un logo espressivo.

5. Memorabile
Memorabile cioè che possa esser ricordato nel tempo, che lasci il segno. Potrebbe sembrare lo stesso significato del primo punto, distinguibile, ma non è così. Se un logo si distingue si vede subito mentre se rimane in mente purtroppo no, infatti questo fattore non è misurabile nell’immediato ma solo intuibile. Serve tempo per capire se un logo rimane impresso facilmente nella memoria del pubblico. Ma qualche piccolo trucchetto si può escogitare, per esempio si possono prendere le proposte grafiche del creativo o dell’agenzia alla quale vi siete affidati per la realizzazione del vostro logo aziendale e farle vedere a più amici e parenti possibili. Poi attendere 1 mesetto circa e chiedere loro di descrivere la proposta che più li aveva colpiti. Se la descrizione si avvicina abbastanza saprete che ci sono le basi. Ovviamente solo il tempo può dirci quanto un logo sia ricordabile ma non va dimenticato che concorrono al rafforzamento di questo fattore molte altre variabili come: investimenti in marketing, uso di testimonial o influencer, etc., etc.
Questo è un po’ il fattore fortuna ;), Difficile prevedere se un logo lascerà il segno, tutti bravi a salire sul carro dei vincitori e dire oggi che il marchio della Nike è un ottimo marchio. Certo che col senno di poi!! Ma capire agli albori se un marchio lascerà il segno o no è molto difficile. Il nostro consiglio è di chiederselo almeno, provare a disporre le varie proposte su un tavolo e farle vedere ad amici o parenti o sconosciuti per vedere se una in particolare coglie l’attenzione della maggior parte, quella (forse) sarà la proposta più incisiva. Si, questo articolo si proponeva come una risposta certa ma in questo punto non sembra così. In realtà
Dopo tutte queste chiacchiere ci piace concludere dicendo che, come tutto il resto nella vita, ci sono regole ma poi ci sono eccezioni che irrompono e cambiano tutto. In poche parole, volevamo trovare una definizione per un logo ben fatto ma siamo consapevoli che a volte dei loghi funzionano e basta e non sappiamo ben dire il perché. Questo è anche fondamentale per continuare a pensare che, come umani, siamo ancora importanti. Che il lavoro di un’essere pensante è talmente complesso e fatto di emozioni che non può essere semplicemente parametrizzato, altrimenti lo potrebbe fare una macchina o, per essere al passo coi tempi, un’intelligenza artificiale. Un famoso marketer (Gary Vee) dice: “se il tuo lavoro è facilmente definibile allora sei sostituibile”.
NOTA A MARGINE: siete mai andati su quei siti che vendono loghi a 5€? Avete fatto caso che è abbastanza evidente la qualità media del prodotto che vi stanno vendendo? Se non ci avete fatto caso allora siete il loro pubblico ideale ma nel caso contrario vi sarete chiesti “capisco che non c’è qualità ma non saprei dire il perché!” Il nostro lavoro è spiegarvi il perché e ci auguriamo che questo articolo vi abbia aperto un po’ le prospettive e fornito delle solide argomentazioni quando dovrete scegliere a chi affidare la realizzazione del logo della vostra azienda.
PS immaginate un po’? Noi facciamo loghi 🙂 🙂 Se volete capire quanto costa farne uno con noi inviateci una richiesta compilando il form presente in questa pagina.